Nel settore artistico poi, dominato nell’ultimo ventennio dagli show televisivi con orde di ragazzi lampadati e sgomitanti alla ricerca del “fattore x” o della “voice” di turno, c’è tanta confusione.

Ed in questo scenario, post-lunare, soltanto amplificato dal coronavirus, ci sono tanti “Mostri”, artisti dal talento cristallino che, se fossero nati altrove avrebbero i calendari pieni e cachet da capogiro per ciò che sanno fare ma che, in quanto italici, faticano non poco.

È il caso di Mario Rosini, che, ancora embrione, dev’essere stato sparato sulle coste pugliesi direttamente da un razzo Usa di New Orleans. Si può spiegare solo così la sua presenza nel Belpaese, cantante e pianista eccellente, tra i migliori, a mio avviso, del jazz nostrano.

Nativo di Gioia del Colle, vanta collaborazioni eccellenti in curriculum e si è raccontato a me agli spettatori di #salottoinstagram.

Un amore, il suo per la musica, che nasce da piccolo, studia pianoforte al Conservatorio “Piccinini” di Bari, prosegue la specializzazione attraverso lo studio con Joe Zawinul e Dan Mash per la Berklee College of Music ad Umbria Jazz. E’ presidente della Commissione Artistica della Giuria del “Premio Mia Martini” ed ha collaborato, sui palchi ed in studio, con numerosi artisti importanti. Tra questi Mia Martini, James Senese, Neri per caso, Tosca, Rossana Casale, Grazia di Michele, Mimmo Cavallo, Irene Grandi e tanti altri.

Rosini è anche docente di Canto Jazz al Conservatorio “Duni” di Matera, il rapporto con i giovani allievi è una cosa che lo gratifica: “Mi diverte e mi impegna tantissimo. Si parla di jazz pensando solo al lato gioioso della sua espressione ma non conoscendo la sua storia che è lunga, variegata e meritevole di attenzione. Dagli anni ’20 in poi. L’espressione del jazz è la più libera che c’è ma ha un codice che non è affatto semplice”.

Suo, per la parte musicale, è il brano “Sono fatti miei” interpretato da Eduardo De Crecenzo: “Non ho mai incontrato fisicamente Eduardo. A quei tempi lavoravo come autore per l’etichetta Ricordi, poi BMG. L’ho sentito per telefono, complimentandomi con lui e ci siamo confrontati sul brano. È un grande e lo rispetto molto”

Di cuore, invece, è stata l’amicizia con Pino Daniele: “Con Pino c’è stata una vera amicizia, mi ha aperto le porte del suo mondo. Ci siamo incontrati più volte ed era sempre magia, una vera crescita umana e professionale. Mi ricordo che eravamo a Formia e passeggiavamo sul lungomare, lui mi confidò di quanto per lui fosse difficile quel gesto per me tanto semplice. Suonavamo sempre, anche di notte. C’era sintonia. Registrammo alle 2, per esempio il brano Encantado che poi entrò nel mio disco, un’atmosfera unica ed irripetibile”.

La quarantena è durissima per tutti, figuriamoci per chi, come un musicista, è abituato ad una vita perennemente al centro, in contatto ed in viaggio: “Sono tranquillo, passerà anche questa, mi faccio sorprendere dalla musica. Ogni volta come fosse la prima. Spazio dai canti Gregoriani ai Weather Report passando per Claude Debussy. Mi tuffo nel mare delle sette note e mi lascio cullare”.

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